Passeggiata a Sa Tanca
- Data ed ora: martedì 25 Aprile 2023 alle ore 08:45
Scheda della escursione a “Sa Tanca ‘e Santu Bainzu” Thiesi del 25 aprile 2023
Ritrovo consueto alle ore 8:45 nel parcheggio di via Budapest (accanto al centro commerciale Monserrat). Partenza ore 9:00 precise. Telefonare per prenotare al 3289022644
Si percorre la SS 131 fino al bivio di Siligo. Imboccato il bivio si procede lungo la strada s. p. 41 bis fino a Siligo; dall’abitato di Siligo si arriva a Bessude e da qui (lungo la s. p. 23) alle porte di Thiesi, al ristorante Il Cavallino Rosso, luogo di appuntamento anche per chi non proviene da Sassari.
Alle 9:30 circa, dopo la breve sosta al “Cavallino Rosso”, partiamo verso la strada per Ittiri (SS 131 bis). Dopo circa 2,5 km troviamo alla nostra destra l’ingresso di una strada sterrata, ma dal buon fondo, con l’indicazione Agriturismo Sa Tanca. Fare attenzione perché il cartello, pur grande e visibile, non è perfettamente leggibile. Si percorre la strada sterrata per circa due Km e si arriva ad un vasto parcheggio sterrato, immediatamente al di sotto dei fabbricati della antica azienda agricola. Qui si parcheggiano le auto. Inizia la nostra escursione. Visitiamo anzitutto un furraghe, cioè un forno per la cottura e preparazione della calce, dalla abbondante pietra calcarea della zona. Proseguendo nel bosco vedremo le prime peonie, in fiore. Più avanti ancora un furraghe, di maggiori dimensioni ed altre peonie. Torniamo indietro e visitiamo una cava di cantoni, rinomata per la pregiata qualità della pietra calcarea, utilizzata fra l’altro per la realizzazione del palazzo comunale di Thiesi. Avremo la possibilità di vedere, fra le tante numerose querce, un leccio che è uno dei più grandi della Sardegna., ed un ultimo furraghe.
È ormai giunta l’ora di pranzo e chi vuole può pranzare presso l’agriturismo.costo 20 euro
Sa Tanca de Santu ‘Ainzu
Fa parte della più ampia porzione di territorio denominata “Sa Silva”, termine che indica la selva, il bosco del signore, che fosse il maiorale giudicale o il feudatario durante la dominazione iberica. Il popolo non poteva accedervi ed il termine sa Tanca lo sottolinea. In genere un terreno chiuso viene indicato con “cunzadu” mentre “tanca” indica un terreno chiuso ma anche precluso. In questo ampio pianoro calcareo, prevalentemente boscato, i signori potevano liberamente andare a caccia dove la selvaggina abbondava perché i cacciatori di frodo venivano puniti molto severamente. Negli ultimi secoli apparteneva alla famiglia Manca i cui componenti erano feudatari del marchesato di Monte Maggiore che comprendeva i paesi di Thiesi, Bessude e Cheremule. Dopo l’abolizione del feudalesimo in Sardegna (1838) il duca Manca, dopo aver venduto al Comune di Thiesi i ruderi del palazzo feudale, decise di mettere all’asta i terreni di sua diretta proprietà e, fra questi, sa Tanca di Santu ‘Ainzu. Nel 1870 circa fece affiggere delle locandine che avvisavano la popolazione della data di incontro e dei terreni in vendita. Vi parteciparono i nobili e i possidenti che furono fatti accomodare in poltrone mentre i pochi villici si sedettero per terra sulla loro bisaccia in attesa che potessero contendersi i pezzi più piccoli. Don Enrico Garau si aggiudicò Sa Tanca de Santu ‘Ainzu dove ebbe modo di creare una azienda agro-pastorale di grande rilievo, aggiungendovi i terreni che dall’altopiano occupano la valle del Bidighinzu sino a Su Saucu. La presenza della chiesetta Romanica si San Gavino presuppone che in passato vi potesse essere un insediamento umano che non viene citato dalle fonti storiche, forse precedente al medioevo. Vi era vita nel periodo nuragico testimoniata dalla presenza di un piccolo nuraghe posto vicino alla strada di accesso, e vi doveva essere qualche insediamento neolitico antico che ha lasciato tracce di ceramica cardiale nel territorio indicato come Priestinu.
Non si sa se il feudatario avesse fatto costruire qualche edificio da utilizzare durante la caccia o come abitazione per i suoi pastori; se vi erano sono stati demoliti o integrati in quelli attuali. La complessa azienda agro-pastorale fu costruita quasi completamente da don Enrico Garau, subito dopo l’acquisto con qualche integrazione del figlio Raimondo che ne divenne proprietario. Attualmente possiamo osservare un piazzale sul quale si affacciano diversi edifici: una stalla con sovrastante fienile caratterizzato da aperture ad arco; di fronte a questo una casera e la casetta dei pastori; il lato dell’ingresso ha una casetta dalla funzione poco chiara e, una sorta di ampia tettoia aggiunta recentemente in supporto ai locali dell’agriturismo composti da cucina e sala da pranzo. Sul lato opposto domina la grande villa padronale a due piani che, sul lato opposto si affaccia sul guardino che circondava la chiesetta romanica e si affacciava sulla valle con un belvedere signorile. Donna Caterina Garau, di Raimondo, che ereditò l’azienda, fece costruire una piccola villa perché il palazzo signorile era troppo impegnativo da tenere aperto.
Dal piazzale si passa, attraverso un cancello, in un’ampia campagna dove si trova una calcara (fornace per la produzione di calce) funzionante a legna. Il calcare presente nella campagna oltre ad essere abbondante è anche di ottima qualità per cui la calce prodotta era richiestissima. La fornace non sembra molto antica per cui si presuppone che sia stata costruita da don Enrico Garau alla fine del 1800. L’ampia torre è affiancata da uno scivolo che, circondandola, permettere di accedere alla parte alta da un lato e di scendere dall’altra consentendo agli asini carichi di pietra di poter trasportare le pietre da cuocere. La produzione di calce nell’altopiano era sicuramente molto intensa in quanto recentemente ne sono state individuate altre quattro, una all’interno dell’azienda, forse abbandonata dopo la costruzione della nuova, e altre tre lungo il margine orientale sino al territorio di Bessude di sa Roca de sos Sette Pianos dove sta l’ultima. Non vi è dubbio che il feudatario doveva far gestire queste calcare dai suoi operai vendendo calce nel suo feudo e nei feudi circostanti. La presenza del bosco forniva il legname necessario per la cottura della calce e contemporaneamente lo ripuliva dal sottobosco.
La presenza di pietra calcarea di buona qualità è stata a lungo sfruttata per l’attività di cava e, pare, ripagasse i costi aggiuntivi di viaggio rispetto a quelle presenti in paese. Una delle opere sicuramente costruite con quella pietra è il Comune di Thiesi; in tanti ricordano la fila dei carri a buoi che da sa Tanca raggiungeva Palatu.
Sul lato opposto dell’altopiano ci si affaccia nella valle del lago Bidighinzu dove don Enrico Garau aveva gli altri suoi possedimenti, acquistati dopo aver venduto i beni di Arbus, paese di provenienza della famiglia, e di Pula, paese di adozione. Proseguendo verso sud, nell’altopiano e nella valle si trovano le aziende di Santu Nigola e di Santu Larentu, ereditate dai figli Giuseppino e Gigi, ed altri terreni divisi fra le figlie.
Il bosco è arrivato sino a noi in buone condizioni di conservazione perché il feudatario lo proteggeva con i suoi rigidi divieti di far legna (il popolo utilizzava gli spazi civici) e dalla famiglia Garau che si limitò a vendere legna ricavata dalle potature e dalla pulizia del sottobosco.
La chiesa
E’ una chiesetta “romanica” (1100-1200) molto semplice, armoniosa nelle proporzioni e luminosa nella splendida pietra calcarea, forse costruita da maestranze lombarde.
E’ costituita da un ambiente ad aula provvista di abside che è un prolungamento semicircolare del presbiterio.
Sui due lati si aprono due monofore (finestre ad un foro) per parte mentre una quinta si trova nell’abside. Nella parete di fondo della chiesa (dove si trova l’abside) vi è, in alto, un’apertura “cruciforme” tipica del periodo romanico; un’altra apertura uguale è stata murata in facciata. L’ambiente ha una volta a botte costruita successivamente, forse nel 1800 in quanto sono stati utilizzati mattoni in cotto. La pavimentazione è in lastre di calcare. La costruzione è provvista di contrafforti (grossi muri di controspinta posti ai lati della chiesa) non originali, costruiti intorno al 1950 dagli attuali proprietari per sostenere la spinta delle volte a botte ed evitarne il crollo. Attualmente non sono visibili tracce emergenti di un centro abitato, ma potrebbero essere state cancellate dalla costruzione del complesso agricolo che le si affianca.